Settant'anni fa ci lanciavamo cosė

Scuola militare di Paracadutismo,

Aeroporto di Tarquinia

  Castel Benito

 

Mentre in Libia funzionava la scuola di Castel Benito, con il reggimento Fanti dell'Aria, nel 1939 in territorio metropolitano lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva diramato una circolare con la quale richiedeva di segnalare i nominativi di chi intendesse frequentare un corso di paracadutismo, da svolgere presso la costituenda Scuola Militare di Paracadutismo, all'Aeroporto " Amerigo Sostegni " di Tarquinia. L'Aeroporto non disponeva di alloggi, ne' per i frequentatori del corso , ne' per gli stessi piloti e specialisti dell'A.A. Una piccola casermetta ospitava soltanto gli addetti ai servizi. Pertanto il personale alloggiava a Tarquinia, distante pochi KM. dall'aeroporto: un servizio di autobus dell'aeronautica trasportava al mattino al campo e la sera al paese.

Per il pranzo funzionava una mensa in aeroporto, mentre la cena era libera e, solitamente, si consumava in trattoria al paese . Le prove di ammissione, iniziate poco dopo l'afflusso a Tarquinia, consistevano in salti in alto ed in lungo; corse piane da 100, 1000, e 10.000 metri; percorso di guerra; flessioni, sospensioni, arrampicate alle funi ed alle pertiche: esercizi vari e prove di salto dalla torre. L'uniforme di addestramento era l'ordinaria, con cinturone e pistola, nonche' con gli stivali! 

L'addestramento comprendeva lezioni teoriche di anatomia fisiologia ed igiene: topografia; trasmissioni: scuola guida di autocarri, auto, moto mezzi blindati e cingolati.  Un particolare corso sugli esplosivi fu effettuato anche a Civitavecchia, presso la scuola del Genio , comandata dal Col.Cazzaniga : le lezioni erano tenute dall'allora Maggiore Boschetti .

La Torre era una costruzione metallica di 59 metri di 18 piani di 3 metri , oltre a quello superiore dove e' sito un motore di aeroplano con elica ; alla base la torre aveva enormi blocchi di cemento . Si potevano fare 4 tipi di uscite :

con paracadute frenato : l'uomo, imbracato, usciva dalla piazzuola con un paracadute spiegato e trattenuto da un cavo metallico con una carrucola;

salto nel telo a scivolo dai vari piani : ( dal 5° piano era servizio esclusivo del serg.dei Vigili del Fuoco Gaudini, che era l'addetto alla torre. Il suo salto era molto spettacolare);

discesa con le funi divaricate :l'uomo ha una imbracatura con un grosso moschettone metallico, nel quale scorrono due funi parallele che, unite al capo fissato sulla torre, sono a terra mantenute ciascuna da un gruppo di 8 - 10 uomini. L'allievo salta nel vuoto e, inizialmente, precipita senza alcun sostegno. All'ordine dell'istruttore a terra, gli uomini si spostano lateralmente e l'allievo viene frenato durante la discesa e l'arrivo a terra. L'esercizio e' noto a chi ha fatto i corsi di ardimento anche dopo la guerra o ha frequentato la Piazza d'Armi della Brigata Folgore a Livorno;

lancio dalla torre con paracadute gonfiato dall'elica : quando l'elica gonfiava la calotta, l'uomo veniva trascinato fuori, trovandosi col paracadute aperto. Dalle prove fatte col manichino si e' capito che il sistema era pericoloso per personale poco addestrato , perche', specie con vento contro, l'uomo poteva urtare contro le strutture della torre stessa, quindi e' stato scartato.

 

 

Alievi in attesa dell'imbarco  . I militari indossano ancora le uniformi dei reparti di provenienza.

La sommita' della torre di lancio , con il braccio sospeso per cadute frenate .


Tarquinia 1941. Paracadutista in tenuta da lancio senza paracadute . Indossa i tre quarti in tela grigia.